Mostra “Parole scavate” di Bruno Lucchi

Dal 25/11/2017 al 31/10/2018   

Il progetto espositivo di Bruno Lucchi, nella ricorrenza del centenario della Grande Guerra, intende proporre una ampia e articolata riflessione sul tema tramite il connubio tra installazioni scultoree e gli spazi così fortemente connotati del Forte delle Benne.

L’uomo, il soldato che con il proprio sacrificio e le personali sofferenze ha realmente vissuto e segnato la storia della guerra, è il filo conduttore dell’intero percorso, mai realmente visibile, ma costantemente presente nelle metafore evocate dall’artista.

Il percorso comincia dalla contrapposizione tra i soldati, esecutori senza scelta in nome di grandi ideali, e i “signori della guerra”, dominatori che scelgono, avallano e decidono sulla pelle di quei soldati. Si prosegue con una variegata successione di istallazioni scultoree, ispirate a versi letterari e poetici, alle lettere da e per il fronte, all’avvicendarsi delle stagioni durante la guerra, al tema universale della morte, culminante nel grande gruppo della Pietà.

Quindi, nella successione dei locali della santabarbara, ecco il progetto scultoreo “Al compiersi dell’attesa”, una evocazione dell’ultimo Natale di guerra (1917), con echi e rimandi all’esterno del Forte e al centro di Levico, attraverso il posizionamento per l’intero periodo di grandi sculture in bronzo e acciaio corten.

La mostra è un’occasione per porsi delle domande, per stimolare un approfondimento sulle conseguenze della guerra e per provare a capire come (forse) sia andata veramente la Storia.

Protagonista dell’esposizione è l’uomo, costretto suo malgrado a combattere in un modo inumano contro altri uomini, in una guerra che papa Benedetto XV ha definito “inutile strage”.

Costante dei due fronti: gelo, pidocchi, topi, rancio scarso e freddo, malattie, fucilazioni, sporcizia, automutilazioni, censura, corte marziale, schegge, granate, mitraglia, gas, neve, pioggia, filo spinato, ufficiali impreparati, cecchini, divise inadeguate …..

Non si parla mai di nemico, ma di soldati che marciamo vegliano e muoiono, senza risalire a cause e motivazioni possibili del conflitto.

La scelta dell’elmo greco non è solo un discorso estetico: si è volutamente scelto di non usare l’elmo italiano o austroungarico per focalizzare il punto sull’uomo senza polemizzare su altri temi (Tirolo italiano e tedesco o aggressione, conquista, tradimento).

Una Mostra in progress, con un messaggio forte che alla violenza e alla morte oppone la solidarietà fraterna fra gli uomini che condividono la sorte comune.